Kupjansk è una città situata nell’oblast di Kharkiv, nell’Ucraina orientale, a circa 40 km dal confine con la Russia. Storicamente un importante nodo ferroviario e centro industriale, prima dell’invasione russa contava circa 27.000 abitanti .


Il 27 febbraio 2022, a soli tre giorni dall’inizio dell’invasione su larga scala, il sindaco di Kupjansk, Hennadiy Matsehora, ha ceduto la città alle forze russe in cambio di una sospensione delle ostilità. Durante l’occupazione, la città è stata utilizzata come base logistica dalle forze russe e molti edifici pubblici sono stati trasformati in centri di detenzione e torture.

Il 10 settembre 2022, le forze ucraine hanno liberato la città durante una controffensiva che ha spinto le truppe russe oltre il fiume Oskil . Nonostante la liberazione, la città è stata sottoposta a continui bombardamenti da parte delle forze russe, che hanno causato gravi danni alle infrastrutture e alle abitazioni.


A febbraio 2025, il 70% della città non esiste più un solo edificio intatto . La popolazione è diminuita drasticamente: di circa 27.000 abitanti pre-bellici, ne rimangono solo 3.100 . Le forze russe continuano a lanciare attacchi regolari con artiglieria, droni kamikaze e bombe a guida aerea, rendendo la vita quotidiana estremamente difficile.

Nonostante le difficoltà, le autorità ucraine stanno cercando di mantenere attiva la comunità, offrendo assistenza umanitaria e cercando di ripristinare i servizi essenziali. Tuttavia, la minaccia di una nuova occupazione russa rimane concreta, e la popolazione vive con la costante paura di ulteriori attacchi.

Kupiansk rappresenta un simbolo della resilienza ucraina di fronte all’aggressione russa. Nonostante le devastazioni subite, la città continua a lottare per la sua sopravvivenza e per il ritorno alla normalità. La comunità locale, seppur ridotta, mantiene viva la speranza di un futuro di pace e ricostruzione.

“Un nodo alla gola si stringe ogni volta che si corre al fronte. Ma non per la guerra. Io e gli altri volontari abbiamo scelto di essere lì e rischiare le nostre vite per salvare quelle degli altri. No, la cosa che fa più male è vedere invece persone costrette ad abbandonare la propria casa che contiene tutta la loro vita, o vedere quella che riescono a portare via rinchiusa in scatole di cartone e sacchetti di plastica. L’ultimo bacio al marito, l’abbraccio di un padre ai propri figli, il saluto ai vicini e a chi resta perché non ha altro posto dove andare. Questa è la cosa che fa più male.”